Il differenziale del tasso di occupazione della popolazione attiva tra il Nord e il Sud del Paese è ancora enorme. Come emerge dall’ultimo rapporto trimestrale Istat sui dati dell’occupazione in Italia, al 70% del Nord si oppone il 48,7% del Mezzogiorno e il 66% del Centro.
C’è da mettere in evidenza il dato senz’altro positivo rappresentato dal lieve aumento del tasso di occupazione nel Mezzogiorno nel corso del 2023 (+1,9 punti) rispetto al Nord e al Centro (+1,0 e +0,9 punti, rispettivamente), così come la diminuzione di quello di inattività (-2,0 punti in confronto a -0,8 nel Nord e -0,3 punti nel Centro). Si tratta di un segnale importante ma senz’altro ancora piccolissimo rispetto al percorso necessario non solo al Sud ma all’intero Paese.
Come messo in evidenza dai documenti strategici elaborati dalla Fondazione Mezzogiorno (si veda l’ultimo documento presentato in occasione del confronto con il Ministro Raffaele Fitto), è fondamentale aumentare il tasso di occupazione al Sud ameno al 60-62%, permettendo così all’Italia di superare il 70% a livello nazionale, contro il 61,6% attuali, in linea con il Trattato di Lisbona del 2000.
La stessa tenuta finanziaria dell’Europa è strettamente correlata all’obiettivo della convergenza del Mezzogiorno, obiettivo che, per questo motivo, è da considerare non una semplice rivendicazione di una parte del Paese, ma strategico e nazionale e, come tale, da perseguire apportando discontinuità in una situazione statica e sclerotizzata attraverso interventi di grande portata, a visione unica, concentrata e con importanti investimenti privati in termini di addizionalità.
Ciò significa che l’obiettivo minimo che bisogna porsi è di far crescere il tasso di occupazione della popolazione attiva al Sud di almeno 15 punti in dieci anni e quindi, in questa legislatura di 6 punti, portandolo dal 47 al 53%.
Obiettivo tutt’altro che utopistico da conseguire, se solo si considera che i margini di ulteriore espansione della crescita al Nord sono limitati sul piano strutturale per ragioni di congestione e densità insediative, oltre che per carenza di forza lavoro, laddove il Mezzogiorno ne è ricco, ponendosi quindi come l’area a maggiore potenziale di crescita.
Tale crescita, per essere virtuosa, deve essere qualitativa oltre che quantitativa: occorre, in altri termini, recuperare la quota del valore aggiunto manifatturiero degli anni passati e puntare al re-insediamento, con gli stabilimenti di produzione, dei centri decisionali e di ricerca, unica via per contrastare con efficacia la grande disoccupazione in intellettuale dei nostri giovani migliori.
Questo miglioramento contribuirà al riequilibrio sociale ed economico tra il Nord e il Sud dell’Italia.