“Oggi corriamo il rischio di portare il nostro sistema in una logica non solo di disgregazione e di frantumazione dal punto di vista della rappresentanza ma anche dal punto di vista della capacità competitiva”. Il Presidente della Fondazione Mezzogiorno, Antonio D’Amato, punta dritto al tema in occasione dell’incontro “L’Italia al bivio tra riforma dello Stato e Autonomia Differenziata” tenuto martedì 4 aprile 2023 a Palazzo Partanna. Primo di una serie di incontri promossi dalla Fondazione Mezzogiorno per riflettere sulle riforme necessarie a modernizzare e rendere più efficiente e competitiva l’Italia, all’incontro hanno partecipato Marcello Pera, senatore, già presidente del Senato, Giuseppe Pisauro, ordinario di Scienza delle Finanze alla Sapienza di Roma e già presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, Massimo Bordignon, direttore Dipartimento Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano, componente European Fiscal Board, Sandro Staiano, direttore Dipartimento Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli e presidente Associazione italiana dei Costituzionalisti, Costanzo Jannotti Pecci, presidente Unione Industriali Napoli.
“Do per acquisito che tutti abbiamo a cuore i valori fondamentali dell’unità d’Italia. Insisto qui sul tema della convenienza, perché questo invece sembra essere il tema più frequentemente suonato da coloro i quali cercano di spingere sulla logica dell’autonomia differenziata. Ebbene, dal punto di vista della convenienza, questa autonomia differenziata mette in pericolo la capacità del Paese di restare stabile economicamente e finanziariamente”, spiega D’Amato.
È tornato alla ribalta il tema delle riforme istituzionali. Ancora una volta, emerge dal dibattito, anziché affrontare questo tema nella sua interezza e complessità, si commette l’errore di procedere a strappi continuando ad accrescere una confusione di competenze che incrementa l’inefficacia del funzionamento della macchina pubblica e mette in crisi sia la governabilità del Paese, sia la sua stessa rappresentatività.
PERA: L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA PUÒ PROVOCARE SCOMPENSI FORTI
“Se non colmiamo i divari nel Paese perdiamo non solo il Sud ma le capacità dell’intera Italia”, ha evidenziato Marcello Pera. “Il Nord quanto a sviluppo economico oggi è saturo, bisogna implementare il Mezzogiorno. L’autonomia differenziata aiuta? Se non risolve questi problemi credo sia opportuno ripensare l’intera riforma. Dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri ora la parola va al Parlamento per una discussione fondamentale, che non deve essere disgiunta da altre riforme che riguardano la seconda parte della Costituzione. L’autonomia differenziata da sola può creare scompensi forti”.
UNA BICAMERALE PER DECIDERE SULLE RIFORMA DELLO STATO
“Fermiamoci, finché siamo in tempo, e recuperiamo lucidità sul metodo e sull’obiettivo” avverte il Cavaliere del Lavoro. “Il metodo è il confronto nella sede propria, il Parlamento, tramite una specifica Commissione bicamerale. Questa è la proposta che la Fondazione Mezzogiorno presenta al Paese. L’obiettivo è costruire un’Italia competitiva e solidale. Su ciò la Fondazione Mezzogiorno è pronta a mettere a disposizione il suo bagaglio di competenze e di esperienze. Un’Italia competitiva: la Riforma dello Stato e delle sue articolazioni, della forma stessa di governo, è fondamentale non solo per il funzionamento della vita democratica, ma per evitare che la moltiplicazione di diritti di veto e di pastoie burocratiche finisca per paralizzare il Paese, mentre occorre ridare competitività ed efficienza al sistema economico e industriale”.
I FALLIMENTI DEL REGIONALISMO
D’Amato mette in evidenza la pericolosità circa l’opportunità di intervenire sul regionalismo differenziato, finendo con “accelerare l’entropia del sistema”. Ci sono invece tre motivi per affrontare per prima la riforma dello Stato, delle sue articolazioni, della sua stessa forma di governo.
Il primo: senza aumentare la governabilità a livello sia centrale, sia territoriale l’Italia non è in grado di rispondere agli standard minimi di buon governo e di buon funzionamento della cosa pubblica da garantire ai cittadini.
Il secondo: l’Italia è l’unico paese in Europa, insieme con la Grecia, ad avere un tasso di occupazione della popolazione attiva di appena il 60 per cento, mentre tutti gli altri paesi europei sono tra il 70 e il 75 per cento. Sappiamo tutti che il 60 per cento italiano è composto da un 70/75 per cento del Nord e da un 40/42 per cento del Mezzogiorno. L’unica opportunità che abbiamo di riequilibrare il rapporto debito pubblico/Pil a livello nazionale è far crescere di venti punti il tasso di occupazione del Mezzogiorno, per arrivare al 70 per cento di media nazionale nella popolazione attiva occupata.
Il terzo: senza un’Italia salda dal punto di vista finanziario è la stessa Europa a rischio nella sua tenuta complessiva.
“Perciò diciamo: fermi tutti. Lo diciamo da Sud non per inseguire la simmetria degli egoismi territoriali, bensì consapevoli con ciò di fare l’interesse economico diretto anche delle regioni più forti e più ricche del Nord. A prescindere da valori ideali come il senso d’unità nazionale, sarebbe del tutto miope pensare di poter competere nel mondo senza avere alle spalle un sistema Paese che abbia dimostrato di saper risolvere i suoi squilibri strutturali mettendo così in sicurezza anche il rapporto debito pubblico – PIL. Lo diciamo da Sud con uno sguardo ampio, europeo e mediterraneo, convinti che solo un’Italia forte e unita può giocare un ruolo da protagonista nella costruzione di un’Europa più competitiva sul piano economico, più unita sul piano politico e più efficace sul piano istituzionale; quell’Europa cioè sempre più indispensabile per garantire pace, governance e stabilità in un mondo sempre più in disordine e sempre più afflitto da crisi e tensioni geopolitiche”.
Sul progetto di autonomia differenziata c’è un’aria favorevole degli industriali, ha fatto notare Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell’Unione Industriali di Napoli. “Nel Nord in alcune realtà territoriali anche di Confindustria, sicuramente nell’area del Nordest, ma certamente non in Lombardia dove importanti industriali hanno realtà produttive anche al Sud e sanno che senza Mezzogiorno questo Paese non cresce”.
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