Lo aveva già segnalato la Commissione Europea nel Country report di luglio, ora lo conferma anche la Svimez: a ogni ciclo di recessione il Sud arretra.
Nel documento che accompagnava le raccomandazioni di Bruxelles all’Italia si metteva in evidenza come nessuna regione delle otto del Mezzogiorno superi, o almeno si avvicini, alla media Ue-27 negli indicatori fondamentali, dal pil pro capite al potere di acquisto, dalla produttività alla capacità di spesa. Questa stessa fotografia la scatta ora, con qualche significativo dettaglio in più, il il documento di Anticipazioni del rapporto 2022 dell’istituto diretto da Luca Bianchi.
Secondo la Svimez, a fronte di una crescita media del Pil del 3,4 per cento nel 2022, quello Mezzogiorno aumenterà solo del 2,8% a fronte del 3,4% del Nord-Ovest e del 4,7% del Nord-Est, ma in linea con il Centro. E nel 2023 andrà anche peggio, con una media dell’1,5% il Pil del Mezzogiorno non arriverà neanche all’1%, contro l’1,9% del Nord-Ovest e l’1,4% del Nord-Est e questa volta un buon recupero del Centro, che si attesterà all’1,7%. Il divario permane anche nel 2024.
INFLAZIONE MAGGIORE NEL MEZZOGIORNO
I dati del rapporto evidenziano come il picco dell’inflazione si faccia sentire soprattutto nel Mezzogiorno: 8,4% a fronte di un 7,8% del Centro-Nord. Questo impatta in particolare sulle famiglie a basso reddito, più diffuse al Sud (più di un terzo delle famiglie del Mezzogiorno si colloca nel 20% delle famiglie più povere), anche perché l’inflazione si fa sentire soprattutto sui beni di prima necessità e sui consumi energetici e ciò implicherà una riduzione della crescita.
A RISCHIO LA COMPETITIVITÀ DEL SITEMA PRODUTTIVO
Preoccupante la situazione delle imprese. Per la Svimez, l’aumento dei costi dell’energia inciderà maggiormente sui bilanci delle aziende del Mezzogiorno perché qui sono più diffuse le imprese di piccola dimensione, caratterizzate da costi di approvvigionamento energetico strutturalmente più elevati sia nell’industria che nei servizi. E poi: i costi dei trasporti al Sud sono più alti, oltre il doppio rispetto a quelli delle altre aree del paese. Gli investimenti crescono invece più al Sud che al Nord: quest’anno si prevede un +12,2% contro il +10,1% del resto del Paese. Si tratta di un effetto combinato dei bonus pubblici che spingono l’edilizia.
“Il sistema produttivo meridionale – si legge nelle anticipazioni – si dimostra più fragile rispetto all’impatto della guerra: si stima infatti che uno shock simmetrico sui prezzi dell’energia elettrica che ne aumenti il costo del 10%, a parità di cose, determini al Sud una contrazione dei margini dell’industria di circa 7 volte superiore a quella osservata nel resto d’Italia, rischiando di compromettere la sostenibilità dei processi produttivi”.
COESIONE, LA CARTA DEL PNRR
La coesione appare un traguardo che, invece di avvicinarsi, tende a spostarsi sempre in là. A cambiare lo scenario potrebbe, e dovrebbe, esserci il Pnrr. Ma proprio su questo aspetto punta l’indice il report redatto da Svimez. La Svimez calcola che nel Sud gli enti locali impiegano in media 450 giorni in più per realizzare le infrastrutture del Pnrr rispetto al Centro Nord. Considerando le tre fasi progettuali delle opere (progettazione, esecuzione e conclusine dei lavori) il Mezzogiorno presenta in tutte le fasi evidenti ritardi rispetto al Centro e alle aree settentrionali: oltre 300 giorni di ritardo, segnala la Svimez, si accumulano solo nella fase di cantierizzazione (esecuzione).
LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI, VULNUS DA SANARE
La presenza alle elementari di tempo pieno e strutture per fare sport è talmente differenziata sui territori che tra la regione dotata del servizio migliore e quella in coda alla graduatoria il divario può arrivare a sette volte. Gli alunni delle elementari in Sicilia che possono beneficiare del servizio mensa, per esempio, sono appena il 12% contro l’84% della Toscana. Sotto accusa anche i meccanismi di valutazione per l’allocazione delle risorse. “II meccanismo competitivo di allocazione delle risorse agli enti territo riali responsabili degli interventi – si legge nel report – ha mostrato diverse criticità. Mettere in competizione gli enti locali ha allontanato il Pnrr dal rispetto del criterio perequativo che avrebbe dovuto orientare la distribuzione territoriale delle risorse disponibili per andare incontro all’obiettivo di riequilibrio territoriale. Più coerente con le finalità di riequilibrio del Pnrr sarebbe stato un meccanismo perequativo di distribuzione delle risorse basato su una ricognizione dei fabbisogni di investimento, soprattutto negli ambiti in cui sono stati di recente, finalmente, definiti i Livelli essenziali delle prestazioni”.
A RISCHIO IL PAESE E L’EUROPA
La fotografia della Svimez non riguarda solo il Sud o, meno ancora, il Sud in rapporto alle regioni del Centro-Nord, ma riguarda l’Italia e il suo rapporto con l’Europa. Se, infatti, l’Italia ha avuto le risorse che ha avuto, è perché la stabilità finanziaria del Paese è indispensabile per la tenuta finanziaria, e quindi politica e istituzionale, dell’Europa. Questo era vero due anni fa ed è ancor più vero oggi, con il nuovo quadro geopolitico determinato dall’aggressione russa all’Ucraina. Il debito pubblico italiano è oggi ancor più elevato che non due anni fa è possibile fare finta che questo non sia un problema, per onestà nei nostri confronti e per rispetto nei confronti delle nuove generazioni.