Antonio D’Amato: Green Deal? Grande occasione, ma no a fondamentalismi
Riavviare la capacità di crescita del Sud serve al Paese
Luigi Di Maio: La transizione ha senso se va incontro alle imprese
“Pace, solidarietà, scienza e investimenti: sono questi i valori su cui dobbiamo ragionare quando parliamo di Europa perché è da qui che bisogna partire per comprendere quale debba essere il destino del nostro continente”. Intreccia scenari economici e geopolitici Antonio D’Amato, numero uno del Gruppo Seda e presidente della Fondazione Mezzogiorno Tirrenico nel corso del suo intervento al forum promosso dall’Ordine dei Commercialisti di Napoli sul tema “Export e made in Italy: l’internazionalizzazione come strumento per lo sviluppo delle imprese. Digitalizzazione, innovazione e sostenibilità per il rilancio del Sud”, tenuto sabato 17 luglio a Ischia.
SOSTENIBILITÀ A SERVIZIO DELLA COMPETITIVITÀ
“Il Green Deal voluto dall’Europa – spiega il Presidente onorario dei Cavalieri del Lavoro – rappresenta una grande sfida ed è fondamentale per la salvezza del pianeta, ma bisogna stare attenti al rischio che si affermi una visione declinista. Le proposte fatte in materia di packaging e di automotive vanno purtroppo in questa direzione. Bisogna stare molto attenti affinché non si ripeta quello che è accaduto quando in Europa ha governato Barroso, che con scelte discutibili ha condannato l’industria siderurgica e chimica italiana e ora non possiamo certo permetterci di guardare lo stesso film”. Alla strada del fondamentalismo va fatta prevalere quella di chi vuole rendere possibile la sostenibilità del pianeta e, al tempo stesso, lo sviluppo e la competitività dell’economia europea e italiana. “Le proposte finora avanzate su agroalimentare, packaging, automotive sono ispirate al medesimo paradigma secondo cui per salvare il pianeta occorre ridurre consumi e cambiare stile di vita. Non tutti sanno che l’Europa è il minor contributore mondiale di CO2. Ecco, dobbiamo fare le cose sfuggendo dal terreno della demagogia ma con la scienza”.
Le preoccupazioni di D’Amato sono condivise da Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. “La transizione ecologica – osserva il capo della Farnesina – funziona se le imprese avranno il tempo di adeguarsi. Noi non possiamo permetterci la chiusura di aziende perché sulla carta si stabiliscono scadenze insostenibili nella realtà. Noi chiediamo un tempo di phasing-out per poterci attrezzare, e lo dico perché intendo mandare un messaggio a tutti gli imprenditori che sono legittimamente preoccupati”.
DEFISCALIZZARE INTORITI DA EXPORT
Il ministro degli Esteri fa poi riferimento alla proposta, avanzata nel corso del convegno da Marco Bellezza, presidente dell’Ice, e poi ripresa dal presidente Antonio D’Amato di rivedere sul modello americano le aliquote dei ricavi provenienti da esportazioni. “Le aziende esportatrici contribuiscono in maniera importante al Pil italiano, trovo intelligente e utile l’idea di defiscalizzare gli introiti che derivano dalle esportazioni. Perché più spingiamo su questo settore – ricorda D’Amato – più riusciamo ad affrontare problemi di economia interna che abbiamo in questo momento”. “Questo consentirebbe – sottolinea poi il ministro degli Esteri Di Maio – di aumentare la propensione all’internazionalizzazione delle aziende e contestualmente ci consente di premiare quelle aziende che ci riescono e non è una cosa semplice, non voglio farla semplice”.
RIAVVIARE CAPACITÀ DI CRESCITA DEL SUD
D’Amato ha inoltre invitato a focalizzare l’attenzione su altri quattro punti: contrastare la dispersione di valore del made in Italy, riavviare la capacità di crescita del Sud, fare sistema sui mercati globali e ottimizzare la capacità di spesa dei fondi strutturali.
“Noi dobbiamo ragionare sulla competitività del sistema paese, l’Italia sconta un 20 per cento di price positioning per la sua scarsa credibilità. Questo ha effetti concretissimi, non c’è vino italiano che per esempio possa essere venduto al prezzo di un medio vino francese. Il made in France vale di più, così come in altri settori conta e costa di più il made in Germany e in Swiss”. La credibilità dell’Italia dipende da molti fattori e un aspetto essenziale in tal senso è senz’altro rappresentato da quello che D’Amato definisce “diplomazia economica”, ovvero il ruolo che la rete della ambasciate e delle agenzie italiane all’estero.
Per rilanciare l’Italia, continua D’Amato, occorre riequilibrare il rapporto tra debito pubblico e Pil e per poterlo fare l’unica strada è riavviare la capacità di crescita del Sud. “Al Nord i margini di crescita incrementale sono modesti, al Mezzogiorno sono enormi. Al Sud il tasso di occupazione non supera il 43% contro il 68-70% del Settentrione e una media nazionale del 58%. Queste statistiche, pre Covid, testimoniano quanto il Mezzogiorno abbia un enorme potenziale di sviluppo” da sfruttare “non solo per garantire l’equilibrio sociale, ma anche la sostenibilità dei conti del Paese”.
OTTIMIZZARE LA CAPACITÀ DI SPESA
Un altro grande vulnus da superare è l’incapacità di attrarre investimenti. “Il Mezzogiorno, fino agli anni Novanta, era un’importante destinazione per gli investimenti nazionali e internazionali. Oggi molte realtà produttive sono state spostate in Paesi dell’Est Europa dove hanno potuto contare su importanti incentivi per investimenti e basso costo del lavoro”.
Mentre tutti parlano dei fondi del Pnrr, Antonio D’Amato ricorda l’importanza dei fondi ordinari che, purtroppo, il Paese ha finora dimostrato di non aver saputo gestire. “Se noi facessimo una analisi di impatto sulla capacità di spesa dei fondi strutturali, credo faremmo fatica a rendicontare quanto si è lasciato sul territorio. Faccio notare che tutt’ora non abbiamo ancora immaginato come investire le risorse che abbiamo nelle nostre mani e che sono sui nostri tavoli di decisione. Occorre essere responsabili, è evidente che chiedere e ottenere fondi senza mostrare la capacità di spenderli ci condannerebbe solo alla marginalità”.